Io Resisto - Mostra della Resistenza e dell’impegno civile - di Generale Gianfranco Milillo
Il 3 dicembre a Casal di Principe, nei locali della Casa don Diana, inizierà la mostra: “Io Resisto - Mostra della Resistenza e dell’impegno civile”. Verranno esposti 250 ritratti (del fotografo Mauro Pagnano) che parlano di persone, di gente semplice e comune che ha dato il proprio contributo alla costruzione di comunità alternative e solidali (tra questi il Procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, il procuratore della Dda di Napoli, Catello Moresca). In mostra anche tante foto di documenti tratti dall’archivio della Mediateca “Don Peppe Diana” che testimoniano come questa di Casal di Principe non sia solo “terra dei fuochi” e di camorra, ma sia anche terra di resistenza e che i primi tentativi di reazione della società civile alla camorra risalgano ai primi anni ottanta. Ma il vero impulso alla reazione della gente onesta si ebbe dopo l’omicidio di don Peppe Diana. Egli (nato a Casal di Principe il 04/07/1958) divenne sacerdote e poi parroco nella sua stessa terra, nella parrocchia di San Nicola di Bari. Come prete cercò di aiutare il suo popolo contro i soprusi della camorra che, in quegli anni, era tanto forte da controllare non solo i traffici illeciti ma anche enti locali ed aziende. Nel Natale del 1991, insieme agli altri sacerdoti delle chiese locali, distribuì ai fedeli la lettera: “Per amore del mio popolo non tacerò”. Nella lettera affermava: “Siamo preoccupati: assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i figli vittime o mandanti della camorra… ci sentiamo investiti della nostra responsabilità di essere segno di contraddizione… come chiesa: dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita”. Continuava dicendo: “La camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana”. Affermò, inoltre, : “La camorra ha assassinato il nostro paese, noi lo dobbiamo far risorgere, bisogna salire sui tetti per annunciare parole di vita.” Questo suo impegno provocò la reazione della camorra: il 19 marzo del 1994, giorno del suo onomastico, fu assassinato con cinque colpi di pistola nella sua chiesa mentre stava per celebrare la messa. Il papa Giovanni Paolo II all’Angelus pronunciò queste parole: “Vi invito ad unirvi a me nella preghiera di suffragio per l’anima del generoso sacerdote impegnato nel servizio pastorale alla sua gente. Voglia il Signore far sì che il sacrificio di questo suo ministro, evangelico chicco di grano caduto nella terra, produca frutti di piena conversione, di operosa concordia, di solidarietà e di pace.” Proprio dal seme di don Peppe Diana nacque in tanti il coraggio di superare la paura e di denunciare. Così fece Augusto Di Meo, amico di don Peppe e testimone dell’omicidio che, nonostante il pericolo, denunciò l’assassino. Ancora oggi egli accompagna le scolaresche sulla tomba del prete ed afferma di sentirsi una sentinella dell’antimafia. Anche se dopo don Peppe sono state ancora decine le vittime della criminalità, nel territorio sono nate tante associazioni per la legalità che il 25 aprile del 2006 si sono unite nel “Comitato don Peppe Diana”. Questo comitato è ora tra i promotori della Mostra insieme alla Fondazione “Con il Sud” e alla “Scuola di Pace don Peppe Diana”. Da questo comitato sono nati, inoltre, progetti come il “Museo diffuso della Resistenza e dell’impegno civile” che coinvolge 120 studenti di quattro istituti seguiti da docenti e tutor. Essi stanno realizzando una mappa dei luoghi legati all’antimafia, si farà poi una “app” che consenta ai turisti di trovare i siti e scoprire quali attività si sono sviluppati nei beni confiscati alla camorra. Sono stati realizzati 50 targhe in terracotta e 8 pannelli che saranno installati in posti simbolo per raccontare 20 luoghi e 20 storie di vittime innocenti. Casal di Principe in questi anni è diventato un centro attivo dal punto di vista della battaglia civile per la legalità, sono ben diciotto i beni sequestrati alla camorra e questi sono stati adibiti ad iniziative di economia sociale come antidoto all’economia criminale. Poiché in Campania la mancanza di lavoro è un grosso problema e su questo punta la camorra che offre soldi facili a molti giovani, bisogna puntare a creare alternative offrendo lavori legali proprio in quei luoghi sequestrati alla criminalità, lanciando così un preciso segnale. Così l’ex villa del camorrista Egidio Coppola è diventata “Casa don Diana” centro di divulgazione e di tante attività per la legalità, la ex dimora di un altro camorrista è diventata la sede di “Nuova Cucina Organizzata” (NCO l’acronimo vuol essere una parodia della sigla NCO ossia Nuova Camorra Organizzata) un ristorante che occupa persone disabili o che devono pene alternative alla detenzione, in un bene confiscato alla famiglia Schiavone è sorto un centro sociale per ragazzi autistici “La Forza del Silenzio Onlus” 2010. Tutte queste attività che tolgono forza alla camorra, certo, sono state oggetto di minacce, ritorsioni ed atti vandalici, ma non si è andati oltre perché i camorristi sanno che ora dietro a queste attività c’è il popolo oltre alla magistratura ed alle forze dell’ordine. La mostra che sta per iniziare vuole appunto celebrare la forza ed il coraggio che la popolazione di Casal di Principe sta mettendo per estirpare da sé il “bubbone” della camorra.