Mio padre carabiniere arrestò Luciano Liggio
IL MATTINO DOMENICA 2 DICEMBRE 2007
RISPONDE PIETRO GARGANO
«Mio padre carabiniere arrestò Luciano Liggio»
PUR RICONOSCENDO lo sforzo degli autori - D'Avanzo e Bolzoni - del libro da cui è stato tratto "H capo dei capi", e pur tenendo conto che si sono "liberamente ispirati a fatti realmente accaduti, a nomi e dialoghi frutto della immaginazione e della libera espressione artistica", ritengo che l'arresto di Liggio doveva essere rappresentato attenendosi fedelmente alla verità storica. Esprimo, anche a nome della mia famiglia, il più vivo risentimento in quanto il merito della prima (come della seconda) cattura di Liggio viene attribuito erroneamente al commissario di P.S. Angelo Mangano.
Forse si è ancora in tempo per impedire che questa storia, così come la hanno raccontata, venga "insegnata a scuola o letta nei libri di testo", come dagli autori auspicato. Si insegnerebbe il falso.
Se avessero approfondito meglio la vita della "primula di Corleone", avrebbero scoperto che Luciano Liggio o meglio Leggio è stato arrestato dai carabinieri del Gruppo esterno di Palermo al comando del tenente colonnello Ignazio Milillo che, per motivi di "collaborazione imposta", permise l'affiancamento, nella parte finale, del commissario Mangano, a sua volta coadiuvato da altri due o tre poliziotti.
Se si fossero avvalsi non solo di fonti del ministero dell'Interno ma anche di quelle dei carabinieri o, meglio ancora, di quelle delle Procure e dei Tribunali di Palermo, Bari, Firenze;
se avessero letto gli atti delle Commissioni Antimafia o rivisto cinegiornali e telegiornali, e riletto la stampa dell'epoca; oppure rivisto l'intervista in tv di Enzo Biagi a Liggio, detenuto, che, a domanda, rispondeva che era stato arrestato da Milillo;
se si fossero avvalsi di un serio consulente, non sarebbero caduti in un così clamoroso errore.
Non l'unico:
Mangano non giunge a Corleone nel '58; non fu dirigente del commissariato a Corleone;
non era ancora in Sicilia quando esplose la Giulietta a Ciaculli;
non ha mai avuto quei rapporti con Chinnici, Falcone e Borsellino;
non arrestò per la seconda volta Liggio (il merito va alla Finanza).
E così via.
Quei militari che discutevano attorno all'auto, prima della esplosione, non erano carabinieri da barzelletta, ma eroi, investigatori seri che, come il tenente Mario Malasusa e i suoi uomini, alle dipendenze di mio padre, hanno combattuto la mafia fino all'estremo sacrificio.
A mio padre è stata intitolata in Sambuca di Sicilia (Agrigento), che gli diede i natali, l'aula consiliare; gli è stata concessa la cittadinanza onoraria e via dicendo.
Con il loro libro-inchiesta, gli autori hanno raccontato, in modo molto personale una falsa storia offendendo (involontariamente) la Benemerita, mortificando quei suoi appartenenti "usi obbedir tacendo e tacendo morir" per mitizzare un enigmatico Mangano che non ha avuto alcun ruolo di positivo rilievo in quella vicenda ed in altre, ma che, la stampa di allora, i tribunali e la Commissione Antimafia ci ha fatto conoscere sotto tutt'altra veste.
I testimoni chiarirono bene, e Liggio lo confermò in tribunale, che Mangano con mossa prepotente e fulminea scansò un maresciallo dei carabinieri'' ponendosi a fianco di Lucianeddu, facendosi così immortalare dalla macchina fotografica e millantare l'arresto. Ma la verità nel tempo e nelle sedi giudiziarie ha trionfato.
Ciò che ho scritto è ben documentato e pertanto, qualora qualcuno si dovesse ritenere offeso, sono disponibile a chiarirlo in qualsiasi sede tenuto conto che, generale dei carabinieri in pensione, non posso permettere che all'Arma venga cancellata una pagina della sua gloriosa storia. Mi auguro si comprenda che questa non vuole essere una battaglia sui meriti tra Polizia e Carabinieri perché entrambi, hanno lavorato, lavorano e lavoreranno per il senso di giustizia.
Gianfranco Milillo - NAPOLI
Liggio fu arrestato, dopo sedici anni di latitanza, il 14 maggio 1964, in casa delle sorelle Leoluchina e Mariagrazia Soresi.
Lo Stato riconobbe all'ufficiale dell'Arma Milillo il merito della cattura, lo provano la nomina a cavaliere fatta da Saragat e la taglia assegnatagli dal ministro Taviani. Però sui giornali di mezzo mondo finì Mangano, fotografato affianco a Liggio col bastone. E Mangano ha più volte rivendicato i suoi meriti, fino a ricorrere in tribunale, in cause estenuanti. La verità, pare di capire dopo il filtro del tempo, è che ci fu collaborazione fra Carabinieri e Polizia. Forse "imposta", come dice il figlio del generale Milillo, ma di certo utile giacché la rivalità fra diversi tutori dello Stato rallentava la lotta alla mafia.
Il generale Milillo è morto a novant'anni, il 17 gennaio 2004. Liggio fu assolto nel 1969 e di nuovo arrestato nel 1974 a Milano. Restò in carcere fino all'ultimo dei suoi giorni.